lunedì 16 maggio 2011

Sferotipia? Che roba è?

Nei libri di storia dei processi fotografici e sul web, nei siti di storia delle tecniche fotografiche, abbondano elenchi di tipologie fotografiche molto dettagliate.
Vi compaiono denominazioni decisamente peculiari e presso che sconosciute.

Compilare un elenco copiato da testi di riconosciuta autorità non è un
problema.
La questione è: che cavolo stai scrivendo (oppure , par altro verso,
vuoi farmi intendere)?
Le spiegazioni relative ai processi meno noti sono frettolose, superficiali e direi talvolta raffazzonate come frutto di intuizioni e/o indicazioni confusamente raccolte.

La realtà credo che consista nel semplice fatto che di alcuni processi non si sa in realtà praticamente nulla.
Talvolta chi si propone nel ruolo di "esperto" non ha nemmeno mai avuto modo di esaminare concretamente esemplari dei materiali di cui discute.

La SFEROTIPIA costituisce un esempio palese in riferimento a quanto sto considerando.
Chi può dire di averne avuta una in mano e di averla potuta esaminare?
Sul web ho trovato un solo ed isolateo cenno al fatto che si tratterebbe di una stampa per ingrandimento ottenuta co la proiezione attraverso un vetro sferico.
Si potrebbe obiettare che, dal momento che qualche descrizione riferisce di stampe al collodio ottenute per proiezione attraverso una sfera, non ne è rilevabile la specificità nel prodotto fotografico.
Se ci si riflette un po'... non si può ricavare nessuna immagine ragionevolmente leggibile, proiettando una figura su un supporto fotosensibile attraverso una "sfera di cristallo" (o vetro che sia) :-).
Non mi risultano reperibili risorse iconografiche relative a questo processo.
Provo a dire cosa penso: nessuno sa cosa è realmente una sferotipia.
Chi vuole divertirsi provi a cercare sul web "spherotype" ... ;-)

Personalmente ho imparato che un ottimo ed indiscutibile metodo di identificazione degli antichi processi fotografici è ritrovare un oggetto con timbro originale d'epoca che "dice cosa è".
Questa fortuna non mi è ancora personalmente accaduta con il processo SPHEROTYPE e dunque posso solo proporre ipotesi su due esemplari che posseggo e che "potrebbero essere".
Di certo non assomigliano a null'altro che abbia mai potuto vedere, nonostante abbia esaminato direttamente oggetti fotografici in numero e varietà che definirei enorme.
Oltre trent’anni fa mi sembra di avere visto una sferotipia con stampigliato appunto "sferotipia" e lo studio fotografico a casa di una signora allora ottantenne. Non avevo con me una fotocamera e non sottrassi il pezzo, sebbene me ne fosse venuta la tentazione ;-)
Dunque posseggo ora due soli esemplari di probabili sferotipi.
Ciascuno è realizzato con una coppia di vetri sottili, accentuatamente bombati,
e sigillati tra loro.
Il formato è praticamente il CDV e il procedimento appare molto simile alla ivorytype americana.
Il mio problema è ora: con che coraggio apro questi due pezzi?
D’altra parte mi dovrò prima o poi decidere, altrimenti non potrò mai studiare il procedimento a fondo.

La mia sfida è dunque al momento: cerchiamo insieme di identificare correttamente i processi fotografici di cui si è persa memoria? Ce ne sono diversi altri, misteriosi ed attraenti… per esempio il pannotipo.
Sul pannotype ho però ormai raggiunto una discreta competenza per esperienza diretta di osservazione.

Dunque propongo di iniziare una discussione proprio partendo dal procedimento per me più misterioso: la sferotipia o spherotype.

Per una storia della fotografia italiana

Tutto sembra già stato detto e scritto, per il solo fatto che un paio di libri di storia della fotografia italiani riportano il medesimo racconto. Prestigiosi nomi di antichi studiosi italiani, a partire dal Rinascimento, vengono uniti a quello di Giovanni Antonio Canal (Canaletto), fino a giungere ai primi sperimentatori italiani della dagherrotipia. Piero Becchetti ha realizzato il primo documentato
elenco degli antichi studi fotografici italiani. Tutto qui.

Le poche pubblicazioni successive hanno offerto, a mio parere, scarsi motivi di approfondimento, richiamando abbondantemente quanto già scritto, oppure valorizzando prevalentemente aspetti estetici e iconografici con abbondanza di illustrazioni.

Isolati tentativi di approfondimento sono stati e vengono condotti da appassionati studiosi in ambito regionale, come l’amico Pierluigi Manzone.

Mi sembra invece che manchi una seria analisi delle specificità tecniche, dei processi adottati e delle migliorie apportate dai pionieri fotografi italiani, delle loro singole caratteristiche espressive e di ambito operativo… insomma di tutte quelle peculiarità che caratterizzano lo sviluppo nazionale di un’arte che non sia considerato semplicemente come successioni di anni d’attività e
indirizzo e numero civico degli studi.

Insomma, a me sembra che ci sia ancora tanto da cercare, osservare, confrontare, condividere…
Comprendo la riservatezza di chi ha investito tempo e risorse per raccogliere anche solo pochi riferimenti locali e non intende regalare i suoi sforzi, disperdendoli al vento dell’anonimato che tende a caratterizzare il web. La mia idea è che il momento della divulgazione collaborativa vada costruito DOPO la pubblicazione formale su carta (libri, riviste… ) dei risultati personali raggiunti, in modo da non mettere in discussione il valore dei singoli contributi individuali.
Questo spazio potrebbe rappresentare proprio questo DOPO, necessario per correlare ed eventualmente coordinare successivi approfondimenti.

Ciò diviene tanto più necessario in seguito alla chiusura degli spazi rappresentati da periodici come "AFT. Rivista di storia e fotografia" e del supplemento "Quaderni di AFT". La sospensione di queste pubblicazioni dovrebbe indurre in qualche considerazione sull’editoria cartacea tradizionale. Ritengo che sia ragionevole ipotizzare nuove forme di informazione e pubblicazione sul web, attraverso tecnologie editoriali e scelte di diffusione appropriate (editoria elettronica PDF con gestione DRM).

Attivato il gruppo di discussione "Storia della Fotografia" su Google Gruppi

In Google Gruppi è ora disponibile una nuova opportunità di cooperazione e discussione per gli appassionati e gli studiosi di storia delle antiche tecniche fotografiche.
L'idea di base è quella di proporre qui uno spazio di condivisione e ricerca relativo allo sviluppo storico dei processi fotografici e all'evoluzione delle tecnologie dell'immagine, con la necessaria attenzione alle implicazioni di carattere culturale e sociale.

Questo gruppo nasce con l'ambizione di fornire un contributo, per quanto modesto, alla valorizzazione del patrimonio fotografico storico italiano.

Mi rendo conto che il richiamo alla cooperazione in questo particolare settore della storia delle tecniche di comunicazione visuale presenta elementi di criticità.

La riservatezza e la difesa di informazioni e competenze ha caratterizzato l'invenzione della fotografia fino dai primissimi inizi delle sperimentazioni pionieristiche.
Chi è in possesso di dati, notizie ed elementi di osservazione ed intervento, nel campo dell'acquisizione, della catalogazione e del restauro, ma anche spesso in quello della valorizzazione, tende comprensibilmente a difendere la propria posizione privilegiata.
Tuttavia, anche in questo settore, se siamo in due a sapere una cosa e la condividiamo, alla fine, saremo in due a saperne due.

Seminari e corsi di formazione non mancano. Sfortunatamente i costi di accesso sono decisamente poco popolari e francamente, mi scuso anticipatamente con chi vorrà considerarmi sfrontato... non sempre qualitativamente validi e concretamente produttivi.
Talvolta ho la sensazione che vengano condotti da esperti che parlano di oggetti con cui hanno poca dimestichezza diretta e che hanno potuto studiare solo sui libri o conoscere in occasione di costosi seminari.

Con questo non mi sottraggo dall’ammettere l’eccesso di gelosia per gli oggetti delle mie attenzioni collezionistiche :-) ;-)
… ma a un certo punto dovremo pure iniziare.
In fondo la fotografia è nata grazie alle confidenze aperte di Herschel piuttosto che dai segreti di Niépce.